Il
processo viene considerato una competizione tra pubblici ministeri e
avvocati difensori, una sorta di duello che deve avvenire ad armi
pari e dove si può solo tifare per gli uni o per gli altri. Ci si
divide tra giustizialisti
(dalla parte dei pubblici ministeri) e garantisti
(dalla parte degli avvocati difensori) a seconda della convenienza:
se l'imputato è il mio avversario sono giustizialista, se è un mio
amico sono garantista.
Secondo
me il Giusto Processo, imperniato su pari diritti di tra accusa e
difesa, ha dei limiti concettuali.
A
che serve la Giustizia? Serve a riparare il danno compiuto da chi ha
commesso un reato La Giustizia evita che chi ha subito un torto abbia
bisogno di vendicarsi e dissuade i cittadini dal commettere reati
tramite le pene che infligge. Le pene possono essere il carcere o
somme da pagare.
I
veri protagonisti della Giustizia non sono il magistrato giudicante,
il pubblico ministero, l’avvocato o l’imputato: il vero
protagonista è la parte lesa, che c’è sempre, anche sotto forma
di collettività. La parte lesa è
il malato da curare, da
risarcire del danno subito.
Il
sistema giudiziario italiano invece è incredibilmente avaro di
risarcimenti nei confronti delle parti lese. Nell'ottobre 2017 è
stata decisa l'estinzione di un reato di stalking nei confronti di
una ragazza tramite un risarcimento, quantizzato dal giudice, di
1.500 euro. La ragazza ha rifiutato il risarcimento giudicandolo
esiguo in maniera offensiva. Forse
1.500 euro sono meno
di quanto lo Stato Italiano ha speso per le ore impiegate dal
magistrato per formulare quella sentenza.
I
tribunali sono intasati da azioni legali assurde e pretestuose il cui
unico scopo è ottenere la prescrizione per il proprio cliente.
Il
più semplice ed efficace dei rimedi alla lunghezza eccessiva dei
processi è l'abolizione pura e semplice dell'istituto della
prescrizione.
La
prescrizione non è un diritto costituzionale e ci sono ordinamenti
legali in altre nazioni che non la prevedono.
La
Giustizia italiana è talmente intossicata dalle prescrizioni da
essere diventata come un alcolista, vittima della sua dipendenza. A
un alcolista non si può dire “bevi meno” , si può solo dire
“non bere più”. Alla Giustizia italiana non si può dire “meno
prescizioni”, si può solo dire “niente più prescrizioni”.
Una
volta resa impossibile la scappatoia della prescrizione diverrebbe
utile per tutti, compresi i colpevoli, un processo veloce. Magari il
senso civico andrebbe aiutato con una rivalutazione “di mercato”
degli interessi legali, tale da rendere poco conveniente, dal punto
di vista economico, rallentare il proprio processo.
Un
altra proposta secondo me importante è l'abolizione degli orpelli e
dei riti esteriori della Giustizia. Nei secoli passati l'uso delle
toghe nere era giustificato dal fatto che era facilissimo sporcarsi
con l'inchiostro dei calamai e le penne dell'epoca: una veste nera
era indispensabile per il decoro degli abiti di giudici ed avvocati.
Adesso,
con penne bic e computer, le toghe nere non hanno più ragione di
esistere. Oltre ad essere obsolete sono decisamente brutte.
Non
c'è più nessuna ragione neanche per indossare toghe rosse o per
esibire mazze dorate nelle cerimonie ufficiali, imitando i riti
cattolici dell’età barocca.
La
Magistratura deve essere indipendente ma non ha nessun diritto alla
sacralità.
Novembre 2017
Marco Bonafede
proprietà letteraria riservata
Nessun commento:
Posta un commento