Plagio, quando ti rubano le parole

Nel 1993 scrissi Virtual Eros, un romanzo comico sul sesso virtuale, che fu pubblicato nel 1994 col titolo Mutande Virtuali. Nel 2007 scoprii che mi era accaduta una storia simile a quella raccontata nel romanzo scritto 14 anni prima.
Virtual Eros narrava la storia dell'invenzione di un dispositivo per il sesso virtuale che veniva "rubato" all'inventore da una multinazionale. Protagonista ed io narrante del romanzo era Oscar Brown, un agente di brevetto che si occupava di curare la registrazione del dispositivo all'Ufficio Brevetti e la sua successiva commercializzazione difendendo gli interessi dell'inventore.
Il romanzo fu un flop editoriale, secondo me anche per il titolo infelice - Mutande virtuali - scelto dall'editore.
Avevo già pensato ad un seguito, che avrei voluto chiamare "Oscar Brown e l'intelligenza artificiale". Avevo cominciato le prime ricerche sull'argomento, avevo scritto i primi appunti, e ne parlai con l'editore:  mi fece capire chiaramente che non l'avrebbe pubblicato.
Ma la questione dell'intelligenza artificiale mi interessava e continuai ad occuparmene grazie al fatto che per aggiornamento, come psichiatra, frequentavo il Dipartimento di Psicologia dell'Università di Palermo. Il direttore, il professore Giovanni Sprini, una delle persone più intelligenti e simpatiche che abbia mai conosciuto, mi incoraggiò.  Così un romanzo, la continuazione di Virtual Eros, diventò una ricerca teorica a cavallo tra psicologia e neurologia.

Il cuore del libro era l'idea che una delle teorie della psicologia, la legge di Hebb, andasse corretta.  Questo fu poi provato da altre ricerche, anche sperimentali, sin dal  2000 ed adesso si parla quanto meno di teoria neo-hebbiana.
Ma a inizio 2000, quando cominciai a proporre il mio libro "Fisica della mente" a varie case editrici italiane, non ricevetti risposta, tranne una proposta di pubblicare a mie spese.
Decisi allora di pubblicare la traduzione inglese su internet. Ma volli usare qualche cautela. Inventando il personaggio Oscar Brown ero stato costretto a fare delle ricerche sulla tutela legale dei brevetti delle invenzioni, mi posi quindi il problema dei diritti letterari. Scoprii che in Italia non esisteva nessuna tutela legale su internet. L'unico sistema di tutela era pubblicare prima su carta stampata, anche poche copie, e rispettare la legge italiana allora in vigore sulla stampa, che richiedeva di consegnare un certo numero di copie in prefettura.
Stampai il libro in italiano in 10 copie, consegnai quelle dovute in Prefettura,  e solo dopo misi su internet  la traduzione inglese, "Physics of Minds" scaricabile come download gratuito.
In quasi dieci anni il libro, a quanto registrato da "Shinistat",  fu visitato da un migliaio di utenti di oltre 50 nazioni, più o meno gli accessi che fa in mezz'ora un sito porno.
Il libro non ebbe quasi alcuna eco, tranne l'attenzione di un sito americano di Biologia del comportamento, di un sito olandese di Psicologia, e di un sito di Biologia dell'Evoluzione dell'Università di Tubinga.
Ero deluso della scarsa attenzione nei confronti del mio testo, ma non era così, anche se l'avrei saputo molto tempo dopo.

Nel numero di  Febbraio 2003  dell'International Journal of Neuroscience, una rivista della multinazionale dell'editoria scientifica Taylor & Francis, apparve un articolo intitolato "Synaptic strengthening and continuum activity-wave growth in temporal sequencing during cognitive tasks" letteralmente copiato dai capitoli centrali del mio libro. Neanche due anni dopo essere stato rifiutato dalle principali case editrici scientifiche italiane, il cuore del mio libro era su una rivista americana di neuroscienze.
(Morale: non fidarti del giudizio delle case editrici italiane)
L'articolo era firmato da tali Gerry Leisman e Paul Koch, il primo del "Department of Cognitive Science, Rensselaer Polytechnic Institute, Troy, New York, USA." il secondo della "School of Engineering, New York Institute of Technology, Old Westbury, New York, USA."
L'articolo veniva presentato come il frutto del finanziamento da parte della Foundation for Allied Conservative Therapies Research, the New York State Department of Health, the Ministry of Science of the State of Israel.
Il novanta per cento dell'articolo, comprese le immagini, era la copia esatta del mio libro. La cosa aveva persino dei risvolti comici: i disegni che avevo realizzato per illustrare la teoria, tratti unicamente dalla mia fantasia, nell'articolo venivano  presentati come ricavati da studi effettuati con la Risonanza Magnetica Nucleare funzionale e con la Tomografia ad emissione di positroni  "consistent with fMRI- and PET-based results".
(Morale: non fidarti delle multinazionali dell'informazione scientifica)
Ma come lo scoprii?
Della versione stampata dell'International Journal of Neuroscience in Italia pare arrivino solo due copie  a due Istituti Universitari, ma la rivista  è comunque su internet. Non so se sia accaduto subito o successivamente, ma la Taylor & Francis, vende le ristampe (reprint) degli articoli scientifici pubblicati sulle proprie riviste su internet tramite la Informa Healtcare, una sua consociata.
L'informazione scientifica funziona, tranne che pochissime eccezioni, così:
- Gli autori (gli articoli scientifici sono quasi sempre frutto di un lavoro di gruppo)  cedono i diritti del loro lavoro alle riviste senza alcun compenso, o addirittura pagando le spese di pubblicazione.
- Le riviste scientifiche vengono stampate e vendute tramite abbonamenti quasi esclusivamente agli Istituti Universitari. A questo sistema  si affianca la vendita del file contenente l'articolo tramite internet a privati o istituzioni. Per scegliere quale articolo acquistare il ricercatore interessato ha la possibilità di leggere un piccolo sommario (abstract) che fornisce un resoconto del contenuto dell'articolo.  Se vuole leggere tutto l'articolo paga e gli viene concesso di scaricare il file.
- Gli autori guadagnano indirettamente tramite il prestigio scientifico acquisito con la pubblicazione degli articoli scientifici.  Dovrebbe  (in un mondo ideale) contare la qualità delle ricerche, spesso conta  il numero degli articoli pubblicati. Il prestigio scientifico degli autori significa carriera universitaria, dalla borsa di studio alla cattedra, alla direzione degli Istituti.
Ma, dicevo, scoprii la faccenda parecchio tempo dopo e precisamente nell'agosto 2007. Negli anni precedenti avevo quasi dimenticato il mio libro, che rimaneva a disposizione su internet,  ma più o meno nel 2006 avevo ripreso ad accuparmi delle questioni scientifiche di Fisica della mente,  insieme al mio amico Filippo Brighina del Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell'Università di Palermo, tentando anche un approccio sperimentale.  Una sera cercai su internet alcune parole chiave "concentric, waves, neuron" e lessi l'abstract di un articolo che aveva contenuti molto simili a quelli del mio libro.
Per forza erano simili, erano identici!

Non so se Leisman e Kock avessero messo in conto di potere essere scoperti, ma nell'epoca di Internet niente  può essere nascosto: trovai l'abstract del loro articolo e successivamente lo acquistai. Pagai 32 dollari più le tasse per leggere quello che avevo scritto io e ovviamente mi incazzai come una bestia, anche se mi veniva pure da ridere.
In fondo mi era capitata la stessa sorte dell'inventore del Virtual Eros nel mio romanzo, depredato a New York della sua invenzione da una multinazionale. La Informa Healtcare (o Informaworld, o Taylor & Francis, credo che siano tutte la stessa minestra) non mi aveva coscientemente depredato, in realtà non sapeva probabilmente nulla di quello che combinavano Leisman e Kock, ma in seguito ebbe un comportamento che non mi è piaciuto.
Ma continuiamo il racconto.
Innanzitutto recuperai una copia autenticata del mio Fisica della Mente che era nella Biblioteca Regionale della Regione Siciliana ( lì era stata trasmessa una delle copie che avevo depositato in prefettura nel 2000) e con questa e l'articolo di Leisman e Kock  il 22 Agosto 2007 presentai una denuncia alla Autorità Giudiziaria Italiana.  Poi contattai, tramite il mio avvocato, la Taylor & Francis,  che girò la questione alla  Informaword che promise il suo interessamento ma cominciò a perdere tempo.
La mossa decisiva fu quella di spedire alle Istituzioni che nell'articolo si sosteneva avessero finanziato la ricerca una lettera in cui li informavo del fatto che intendevo agire legalmente per la questione del plagio.
La "Foundation for Allied Conservative Therapies Research" non ricevette la lettera, che mi fu restituita, il Ministero della Scienza dello Stato di Israele  non si è mai degnato di rispondere ( forse per non indagare su come danno i finanziamenti ), ma il "New York State Department of Health" rispose chiarendo di non aver mai  finanziato  la ricerca di Leisman e Kock.
Questa risposta è stata decisiva, dopo averlo notificato alla Informaworld le cose si sono - lentamente - messe in moto.  Nel maggio 2009 la informaword ha ritirato il reprint dell'articolo, il 9 giugno 2009 ha ammesso il plagio, ma poi ha chiarito che non vuole risarcirmi.
Il 7 giugno 2011 è cominciato il processo penale in Italia.
Su questa esperienza di plagio voglio fare alcune considerazioni:

1 - Quando ti rubano le parole ti senti veramente derubato. Anche se la mia vicenda ha particolari esilaranti, di pura farsa, ciò è solo per merito di Oscar Brown, il protagonista del mio romanzo. Infatti se non avessi scritto un romanzo con un protagonista  scombinato che si occupa di brevetti, non avrei pensato a depositare il mio libro in Prefettura, in un certo senso brevettandolo.
Non avrei potuto mai dimostrare  di essere l'autore perché le persone che avrei dovuto sbugiardare (Leisman e Kock) sono, a quanto mostra internet, autori di decine di articoli scientifici e vantano  una lunga carriera accademica. Nessuno avrebbe creduto alla mia parola contro la loro.

2 - La stampa ha un atteggiamento schizofrenico nei confronti della violazione del diritto d'autore. Ho interessato un importante quotidiano e la risposta è stata che non era una notizia, che queste cose accadono continuamente. Nello stesso periodo lo stesso quotidiano (un buon quotidiano, che continuo  a comprare ) ha pubblicato due articoli su questioni simili.
Nel primo riportava la notizia che alcune pagine di un fumetto di fantascienza erano state copiate da un manga giapponese. Dove sta la notizia? Ho fatto il disegnatore di fumetti, a volte si copia, senza esagerare, non mi sembra una notizia da pagina culturale di un quotidiano nazionale.
Il secondo articolo, corredata di foto dell'imputata, narrava dell'arresto e del processo di una casalinga siciliana a cui erano stati sequestrati un migliaio di DVD contraffatti. Veniva sottolineato il ruolo di chi aveva compiuto l'arresto,  per  cui sembrava più che altro una sviolinata al comandante di stazione dei CC del paese siciliano dove si era consumato il delitto. L'imputata dal canto suo diceva che l'aveva fatto per necessità, perché non aveva di che guadagnarsi da vivere. Anche qui, dove sta la notizia? 
Ho registrato anche una reazione di sovrana indifferenza da parte di una blasonata rivista scientifica, che non voglio citare.

3 - Quando ero studente universitario guadagnavo disegnando fumetti.  Mandavo le tavole alle riviste, loro pubblicavano e spedivano l'assegno.  Mi ero fatto la convinzione il diritto d'autore fosse una cosa sacra ed inviolabile e che nessun editore avrebbe osato fare il furbo.
Non immaginavo possibile  il comportamento dei funzionari di una grande multinazionale  (la Taylor & Francis) che:
- Non effettuano nessun controllo redazionale su quanto dichiarato dagli autori (i finanziamenti fasulli vantati da Leisman e Kock) e sulle evidenti sciocchezze (i miei disegni di fantasia presentati come  tratti da risultati  ottenuti con la fMRI e la  PET).
- Pienamente consapevoli del plagio (perché gli autori lo hanno tacitamente ammesso) ritardano per mesi di comunicarlo al vero autore.

- Asseriscono di non aver pubblicato per mesi sul loro sito la rettifica sulla reale paternità del testo plagiato per un errore di tecnologia.
- Dicono di non aver ricevuto benefici economici dalla pubblicazione dell'articolo sorvolando sul fatto che è comunque una parte della loro rivista (da  pagina 181 a pagina 204 ). Non solo: in una lettera firmata da Thomas C. Etter (Senior Vice President e General Counsel della Taylor & Francis Group, LLC e Informa Healtcare, Inc) asseriscono di non aver guadagnato perché nessuno avrebbe acquistato il reprint dell'articolo ma è falso perché il reprint è stato acquistato almeno due volte,  una da me e una da un ingegnere informatico su mio incarico per fini giudiziari.
 (Morale: non fidarti dei resoconti economici delle case editrici)


4 - Quale è stata la reazione di Leisman e Kock, i due autori del plagio, a cui il mio avvocato ha chiesto un risarcimento?
Hanno cercato un accordo, si sono in qualche modo scusati? Ma neanche per sogno, non hanno semplicemente risposto,  probabilmente perché confidano nell'enorme difficoltà di arrivare ad una condanna valida in sede internazionale.
I due hanno fatto anche di peggio, probabilmente consigliati da qualche avvocato. E' un piccolo capolavoro di tattica forense.
Il Leisman, un inglese che opera in varie Università tra Stati Uniti, Inghilterra e Israele, in una lettera scagiona Kock (cofirmatario con Leisman di altri 9 articoli tra il 1990 ed il 2007) da qualsiasi responsabilità nella stesura dell'articolo copiato. Leisman asserisce che il contributo di Koch è stato solo quello per le due pagine dell'articolo non copiate dal mio libro. Nel farlo evita di dire esplicitamente di essere autore del plagio per la restante parte dell'articolo, comunque scagiona il socio.
Perché tanta generosità?
Semplice: il Kock pare che possegga una casa in Toscana e quindi potrebbe risentire degli effetti economici di una eventuale condanna.
D'altro canto, se venisse condannato solo il Leisman, sarebbe assolutamente impossibile rendere operativa la sua condanna ad un risarcimento. Infatti una sentenza italiana, per essere esecutiva negli Stati Uniti, deve essere sottoposta al vaglio di una corte americana che verifichi l'equità del processo.  E cosa direbbe a quella corte  l'avvocato di Leisman?
Direbbe: "Ma che processo equo è quello dove si condanna solo uno dei due firmatari di un articolo?"  E vincerebbe, senza bisogno di dire altro.
Il Leisman scagiona Kock per salvare se stesso.  Leisman non si offre di pagare i danni anche per il socio, ma di comune accordo col socio cerca di gabbare la giustizia italiana.    
(Morale: gli americani in questioni legali ne sanno una più del diavolo.)

5 - In Italia l'unica Istituzione che funziona è la Magistratura. Con tutta la sua lentezza nel muoversi, eppur si muove, mentre i vari dipartimenti, ministeri, commissioni, autorità non danno risposte, almeno nel mio caso.
In genere delle questioni di diritto d'autore i politici se ne fottono in maniera assolutamente bipartisan, ma devo riconoscere sensibilità a Claudio Fava e a Sandro Bondi, ex Ministro della Cultura.
 
Ho deciso di rendere liberamente scaricabile su internet i files dei documenti che ho già trasmesso all'Autorità Giudiziaria. Li trovate nella sezione download del mio sito. Parecchio del materiale è in inglese, altri documenti sono in italiano.
Il processo è entrato nella fase dibattimentale da poco e ci vorrà ancora del tempo, probabilmente anni, prima che la vicenda si concluda. Da quando ho scoperto il plagio sono già passati quasi quattro anni, ma va bene così, tanto non c'è stato sangue, nessuno si è fatto male.  Il problema del mio risarcimento non è fondamentale per i destini dell'umanità.
All'inizio quando ho cercato di evidenziare la mia vicenda a varie autorità statali mi sentivo uno scocciatore, ma poi mi sono abituato a questa sensazione, ho capito che in realtà parlare della vicenda per me è fare attività politica.

La punizione economica della Taylor & Francis e di Leisman e Kock, non è importante perché hanno violato una legge, ma perché hanno leso un diritto, il diritto degli autori alla paternità della propria opera. Io sono stato nelle condizioni di difendermi, ma ho potuto farlo perché mi è costato molto poco (il mio avvocato è stato mia cugina, che mi ha assistito gratis). Se l'alternativa fosse stata  tra la difesa del mio diritto e qualcosa di necessario alla mia famiglia, avrei mandato a fare in culo il mio diritto.

La mia vicenda è un aspetto particolare, un caso limite, della evidente contrapposizione di interessi tra autori ed editori.
La questione del copyright è centrale nella politica internazionale tanto è vero che un'intera sessione del G8 vi è stata dedicata.  Ma temo che quando si parla di copyright si faccia finta di parlare di diritto d'autore, mentre in realtà si intende sempre e solamente diritto d'editore.
Mentre gli editori sono tutelati e vogliono ancora di più essere tutelati, quelli che non vengono tutelati sono gli autori. Ma sono gli autori, i tecnici, i creativi, quelli che inventano  i piccoli cambiamenti della nostra vita quotidiana, quelli che modificano i giochi su internet, quelli che migliorano di pochissimo il modo di produrre un pezzo di plastica, che consentono di aumentare la produttività dell'1% fisso l'anno. Un incremento esponenziale spaventoso, con punte incredibili in alcune nazioni.
I signori del G8, che possono piacerci, come Obama, o non piacerci, come Berlusconi, stanno tutti seduti sul gigantesco razzo della creatività.
La creatività è la vera ricchezza.

Marco Bonafede
Cefalù - Giugno 2011

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