Da wikipedia:
“Nell'editoria accademica il fattore di impatto (impact
factor o IF in inglese e generalmente anche nella normativa e nelle procedure
italiane) è un indice sintetico, di proprieta di Thomson Reuters, che misura il
numero medio di citazioni ricevute in un particolare anno da articoli
pubblicati in una rivista scientifica (Journal) nei due anni precedenti.”
Il 5-year Journal Impact Factor e un fattore basato invece
sulle citazioni degli articoli pubblicati nei cinque anni precedenti. Questa
misura viene utilizzata per categorizzare, valutare, comparare e ordinare le
riviste scientifiche catalogate dalla Thomson Reuters stessa.[1]"
In pratica l'impat factor tende a misurare il valore oggettivo degli articoli scientifici, determinanti nella carriera scientifica dei ricercatori, a seconda della rivista su cui sono pubblicati.
La pubblicistica scientifica ha influenzato
molto il nostro mondo anche perché meccanismi in seguito divenuti comuni nel
web sono stati sperimentati per primi nella comunità scientifica. Per esempio
si valuta l’importanza di un articolo scientifico non
analizzandone il valore intrinseco, ma contando quante l’articolo veniva citato
in successivi articoli scientifici.
Notate la similitudine col sistema delle stelline su Amazon e dei like su Facebook?
***
Ovviamente qualsiasi sistema di misura presenta delle difficoltà e inconvenienti. Il sistema di valutazione degli
scienziati basato sul numero delle
pubblicazioni e sul numero delle citazioni è stato capace di produrre risultati
esilaranti.
Ecco un po’ di termini in inglese: least
publishable unit (LPU), smallest
publishable unit (SPU), minimum publishable unit (MPU), sono delle denominazioni ironiche che si
riferiscono alle "Salami publication".
Detto
in italiano: nelle pubblicazioni scientifiche esiste la strategia del salame,
cioè l’abitudine di pubblicare i propri risultati nel maggior numero possibile di
articoli diversi, in modo da poter avere il massimo numero di pubblicazioni.
Quindi la smallest publishable unit (SPU), è il numero minimo di
informazioni che si devono inserire in un articolo per renderlo pubblicabile.
Da un salame il numero di fettine che puoi ricavare dipende da quanto le fai
sottili.
D’altro
canto negli ultimi anni parecchi hanno notato come spesso i raccomandati, non
necessariamente figli di professori universitari, comparivano come coautori di
articolo di classificazione e stadiazione o in studi di metanalisi (analisi di
vari altri studi sul medesimo argomento).
Se si partecipa ad uno studio per definire gli stadi un
tumore, per esempio, tale dato dovrà necessariamente essere riportato in tutti i successivi studi sul quel tumore,
per un semplice fatto di standardizzazione. Se dico che un tumore è al terzo
stadio, devo necessariamente mettere in bibliografia l’articolo che fissa i
criteri per definirlo di terzo stadio. Uno articolo di questo tipo comporta
centinaia o migliaia di citazioni, quindi un elevatissimo valore accademico,
anche se si tratta di un lavoro compilativo e non sperimentale.
***
Il prof. Mario
Biagioli dell'Università Davis della California ha evidenziato come i ricercatori possano utilizzare alcune pratiche scorrette per aumentare l’importanza dei propri lavori.
Queste pratiche scorrette nella maggior parte dei casi non
sono dettate dal desiderio di acquisire fama immeritata, ma dal più prosaico
tentativo di mantenere il proprio posto di lavoro. In passato il mondo
scientifico era dominato dal motto “pubblica o muori” l’impact factor lo ha trasformato in “fatti
contare o muori”.
I trucchi più banali:
- Riviste autogestite su internet dove si pubblicano articoli
di un gruppo di ricercatori amici tra di loro.
- Congressi o
Conferenze assolutamente
marginali su argomenti vaghi che consentono di pubblicare negli atti qualsiasi
articolo.
- Autocitazioni e scambi di citazioni tra autori che formano delle cordate per aumentare il numero delle citazioni.
Il risultato è che spesso non c’è una valutazione seria
della qualità della ricerca; un ricercatore può aver pubblicato decine di
articoli in atti di convegni e riviste minori (che si coalizzano per
scambiarsi citazioni ed aumentare il proprio impact factor) sulla base di risultati
scientifici insignificanti.
Si è arrivati al punto che articoli generati da un programma informatico che metteva insieme frasi in
“scientifichese”, sono stati accettati da riviste online. Niente di nuovo sotto
il sole: anni fa un giornalista italiano agendo sotto falso nome inviò orribili
poesie a editori a pagamento e ricevette numerose proposte di pubblicazione del
sommo poeta inesistente.
La conseguenza è che curriculum ricchi di pubblicazioni spesso
non significano assolutamente nulla. Ma di questo non possiamo accusare solo i
ricercatori, che sono spesso sottopagati e vivono in un regime di
perenne precarietà.
Eppure, nonostante questo il sistema della ricerca va avanti
e ci regala un progresso continuo. Ma il prezzo dell'impact factor
probabilmente è il conformismo e un rallentamento nella ricerca:
il sistema induce le
persone a pubblicare banalità per assicurasi una stabilità economica e un minimo di benessere.
***
Che
nel settore della ricerca il problema di
sistematizzare il sapere, di catalogare, di trovare le informazioni sia
determinante si sa da un pezzo. C’è stato il figlio di un illustre professore
universitario che ha avuto la genialità di comprendere che l’organizzazione e
la catalogazione delle informazioni sarebbero state decisive nel campo
dell’informatica. Si chiama Larry Page ed è stato uno dei fondatori di Google.
Non ha fatto carriera accademica, ma si
è fatto una barca (una petroliera) di soldi!
***
Una
delle conseguenze paradossali dell’inflazione degli articoli scientifici è che
i ricercatori per primi non ritengono che servano a molto. Ho degli amici
ricercatori che sono sempre in partenza per congressi in giro per il mondo, a
ritmi stressanti ed esagerati. In un’epoca
in cui per telefono o per computer si può contattare chiunque dovunque, subito e senza muoversi, che bisogno c’è di
viaggiare tanto? Tutto questo turismo accademico a che serve?
Serve.
Alla fine contano i rapporti personali, le decisioni si prendono sulla base
della fiducia personale al di la delle cartacce che chiunque può vantare di
avere nel proprio curriculum.
Ottobre 2017
Marco Bonafede
proprietà letteraria riservata
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